Le limitazioni più importanti nel trattamento del paziente disfunzionale

La limitazione più importante è spesso rappresentata dalla costanza del paziente a seguire i cicli di trattamento proposto.

Quando la causa dei sintomi risiede in meccanismi di tipo psico-affettivo, ed in modo particolare quando la sintomatologia dura da molto tempo, viene richiesto molto tempo e costanza per arrivare ad avere dei risultati che siano sufficientemente stabili.

In base alla nostra esperienza, i pazienti più difficili da trattare sono quelli che fanno uso di psicofarmaci da parecchio tempo, benzodiazepine (asiolitici) comprese. I problemi, nel trattamento di questi soggetti, sono legati a diversi fattori: il primo è rappresentato dalla sospensione del farmaco, ed il secondo dall’ alterata percezione del tono muscolare che i pazienti, trattati con psicofarmaci, acquisiscono.

Qual’è la chiave del successo?

La maggior parte dei pazienti che giunge al nostro centro con sintomatologia cronica di origine neuro-muscolare ha già una storia di visite ed accertamenti diagnostici eseguiti che permettono di escludere cause organiche ben determinate. Allo stesso modo, questi pazienti si sono sottoposti ai più disparati trattamenti farmacologici e ad una risposta positiva iniziale, con il passare del tempo, sono seguiti più effetti negativi che positivi.

La prima condizione per il successo, nel trattare il paziente con sintomatologia cronica di tipo disfunzionale, è che egli deve diventare soggetto e non oggetto del trattamento, rendendosi responsabile primario dello stesso e assumendo perciò un ruolo attivo e non passivo.

Il rapporto tra medico (terapeuta) e  paziente diventa in realtà un “gioco di squadra” dove il terapeuta diventa “l’allenatore” (o consulente) ed il paziente, “l’atleta”.

Durante le sedute di terapia vengono insegnate,  con sistemi di comunicazione efficaci, tutte quelle metodiche che il paziente dovrà costantemente mettere in pratica a casa in modo cognitivo. Maggiore sarà l’applicazione negli esercizi e la focalizzazione dell’attenzione sulla postura e sul controllo delle parafunzioni, più rapidamente si riformeranno quei circuiti nervosi nel cervello che, successivamente, saranno in grado di ripristinare le corrette percezioni cognitive del tono muscolare ecc….

Un’altra cosa importante da ricordare è che la remissione dei sintomi non significa che tutto sia “passato” e quindi sono “guarito”. Al contrario questo è un segno che deve stimolare il paziente a continuare con maggiore frequenza ed intensità il programma terapeutico, in particolare a casa o nel posto di lavoro.  E’ altresì vero che una ricaduta dei sintomi non deve far disperare il paziente e pensare che tutto debba essere ri-iniziato da capo. C’è un vecchio detto che dice:  “il dolore arriva a chili e va via a grammi”. E’ bene ricordare ciò, in particolare quando nelle fasi della terapia i sintomi regrediscono. Infatti, la loro scomparsa, o ulteriore diminuzione, richiede molto piu’ tempo rispetto all’attenuazione del sintomo importante iniziale.

In quasi 20 anni di esperienza con pazienti disfunzionali abbiamo valutato e trattato centinaia di persone con un margine di successo molto buono.

Abbiamo capito che il vero punto chiave per il successo del trattamento deve essere la motivazione e la volontà di star meglio, sia durante la fase attiva di terapia che poi nella vita di tutti i giorni.