Rischi e disagi

Quali sono i potenziali rischi legati all’intervento chirurgico ?

Dobbiamo dividere i rischi in:

  • Generici
    Sono quelli legati all’ospedalizzazione e in modo particolare all’anestesia generale. I mezzi di prevenzione permettono oggi di selezionare i soggetti a potenziale rischio. A parte la rarissima forma di ipertemia maligna, se il paziente non ha particolari patologie, che comunque vengono gestite nella fase di screening pre-intervento, il rischio legato all’anestesia è di gran lunga inferiore a quelli a cui ci espone la vita quotidiana. Per esempio, il rischio di morte per incidente stradale è maggiore rispetto a quello da  anestesia generale.
  • Specifici
    Sono quelli relativi al tipo di intervento. Per la chirurgia mandibolare il rischio potenziale più comune è quello legato alla lesione del Nervo Mandibolare. Con le attuali metodologie chirurgiche, e con i mezzi diagnostici che siamo in grado di fornire al chirurgo, l’evenzienza di un danno a questo nervo in forma permanente è evento molto raro. Nel nostro centro si effettuano routinariamente esami di radiologia volumetrica per pianificare le fasi del trattamento chirurgico e i dati  elaborati vengono forniti al chirurgo maxillo-facciale. Tramite essi il chirurgo può valutare prima dell’intervento la difficoltà di separazione sagittale del corpo-ramo mandibolare e quindi valutare il rischio di potenziale danno al Nervo Mandibolare.

E’ da puntualizzare che è molto più frequente la sua lesione a seguito dell’ estrazione dell’ottavo inferiore (dente del giudizio inferiore) o di inserimento di impianti mandibolari ad uso protesico. Questa evenienza era ed è molto più elevata quando l’avulsione del dente del “giudizio”, o l’intervento di inserimento dell’impianto, viene eseguita senza aver fatto prima un’indagine radiologica di tipo volumetrico (tipo TAC). Le radiografie panoramiche convenzionali non permettono di valutare i reali rapporti di contiguità della radice del dente con il canale dove passa il Nervo Mandibolare; pertanto il rischio di lesione aumenta quando non si pratica un esame radiologico volumetrico preventivo.

Tenuto conto di ciò bisogna specificare  che il Nervo Mandibolare è un nervo sensitivo e non motorio. Esso prende origine dalla terza branca del Nervo Trigemino, conosciuto anche come V paio dei nervi cranici.

La lesione del Nervo Mandibolare comporta la perdita di sensibilità a livello del labbro inferiore e del mento, nel lato stesso della lesione. In caso di sezione accidentale del nervo il chirurgo è in grado di accorgersene e quindi provvederà a suturarlo. La sutura del nervo non è possibile in caso di lesione dovuta ad inserimento di impianti endo-ossei o di estrazione di denti. Pertanto, la possibilità di recupero a seguito di queste procedure chirurgiche è inferiore rispetto all’eventuale danno nervoso in corso di intervento di chirurgia mandibolare.

Per  la chirugia mascellare il rischio di lesione ai nervi è inferiore in quanto nelle strutture interessate non passano nervi importanti.  L’intervento di chirurgia mascellare comporta, però, nella fase post-chirurgica, una diminuzione di sensibilità a livello del mascellare superiore e dei denti superiori. Ciò è dovuto alla resezione delle terminazioni nervose che consegue alla sezione dell’osso mascellare. Questo tipo di alterazione della sensibilità verrà recuperata totalmente nel giro di pochi mesi dall’intervento. Nella nostra casistica non abbiamo mai avuto pazienti che non abbiano recuperato la totale sensibilità mascellare.

Altre conseguenze sono legate alla compressione di strutture nervose, dovuta all’edema e al gonfiore post-operatorio. Questo può comportare alterazione della sensibilità, in particolare a livello del labbro inferiore, per compressione e stiramento del nervo alveolare inferiore. Tali inconvenienti si risolvono generalmente nel medio termine post-intervento. Rarissimi sono i casi di compromissione di altre strutture nervose della faccia.

Quali sono i disagi del decorso post-operatorio ?

Come per tutti gli interventi chirurgici, i disagi nel post-operatorio sono quelli legati all’edema, al gonfiore, e quindi al susseguente stiramento dei tessuti, nonchè alla liberazione di sostanze cosiddette algogene (che stimolano il dolore) legate allo stato infiammatorio.

Oggi la medicina conosce bene queste conseguenze ed è in grado di gestirle; in effetti il “dolore” post-operatorio che veniva descritto in passato oggi non si verifica più in quanto è ben controllato con la terapia farmacologica ancora prima che il paziente si svegli dall’anestesia generale.

Nel caso del paziente ortognato-chirurgico la maggior parte dei disagi deriva dal blocco intermascellare che viene praticato per mantenere il corretto rapporto maxillo-mandibolare. La durata di questo blocco dipende dal tipo di fissazione che viene praticata dal chirurgo: se la mandibola viene fissata mediante placche metalliche, il blocco dura al massimo 10-15 giorni, se invece si usano le osteosintesi (legatura metallica a livello del ramo e corpo mandibolare che permette un certo movimento tra le due parti),  il blocco fisso dura 40-45 giorni.

Durante la prima settimana i disagi sono maggiori a seguito del gonfiore del viso: questo varia, però, da paziente a paziente. Dopo la prima settimana il gonfiore diminuisce sensibilmente e quindi anche l’alimentazione semiliquida non rappresenta più un disagio.

Ognuna delle due procedure descritte presenta vantaggi e svantaggi riportati di seguito.

– Fissazione mandibolare mediante placche rigide

Consente di non dover mantenere a lungo con il blocco intermascellare fisso.

Lo svantaggio è rappresentato da un minor controllo della posizione corretta del condilo della mandibola nella fossa articolare, ed è dovuto al movimento di torsione che viene generato dalle viti. La posizione del condilo nella fossa articolare è di fondamentale importanza in quanto se questa non è corretta comporta una recidiva immediata del rapporto maxillo-mandibolare, quindi un risultato non conforme a quello programmato.

– Fissazione mandibolare mediante osteosintesi

In questo caso il paziente deve rimanere per 40-45 giorni con il blocco mandibolare fisso.

Presenta il grande vantaggio di  permettere al condilo mandibolare di posizionarsi nella fossa articolare in modo naturale, senza essere forzato; conseguentemente i difetti di posizione sono molto più limitati rispetto al fissaggio mediante placche rigide.

Ci sono, comunque, delle condizioni particolari che non permettono una scelta, ma obbligano il chirurgo a preferire un fissaggio piuttosto che un’altro.